Caso Zimmerman: l’America divisa in due
ESTERO / / Lug 19, 2013
Grandi proteste e sdegno in America, per la sentenza che ha dichiarato innocente la guardia volontaria George Zimmerman, che il 26 febbraio 2012 sparò al diciassettenne afroamericano Trayvon Martin, uccidendolo sul colpo. Purtroppo, la fobocrazia non è solo prerogativa del movimento sionista.
ZIMMERMAN UCCIDE MARTIN E VA A PROCESSO
L’accaduto aveva già destato grandi polemiche all’epoca. A Sanford, in Florida, Zimmerman aveva sostenuto di aver sparato per legittima difesa e di aver colpito il giovane, che lo avrebbe aggredito. Il 26 febbraio 2012 Martin si reca ad acquistare delle caramelle, cammina per strada indossando il cappuccio della sua felpa. Zimmerman, insospettito dal ragazzo lo segue comincia a seguirlo. Tra i due scoppia presto una lite. La lite degenera in uno scontro. Poi, lo sparo. La polizia, che arriva pochi minuti dopo, trova il ragazzo riverso a terra, senza vita.
Il caso è finito su tutti i giornali, americani e non. Zimmerman è stato accusato di omicidio colposo, per il quale rischiava da 10 a 30 anni di carcere, e di omicidio preterintenzionale, per cui la pena prevista sarebbe stata l’ergastolo. La corte, che si è riunita per la prima volta il 24 giugno per emettere un verdetto sulla questione, ha valutato la testimonianza di Zimmerman che, come già detto, ha continuato a sostenere di aver sparato al giovane per paura che l’aggressione di Martin ai suoi danni potesse ferirlo gravemente o addirittura ucciderlo.
STAND YOUR GROUND
I giudici, che non erano in possesso di testimonianze oculari, hanno deciso di assolvere Zimmerman, non riscontrando in lui alcun segno di razzismo o di tendenza alla violenza. Il verdetto della giuria è arrivato nella tarda serata di Lunedì 15 Luglio, dopo aver accertato che non esistevano i presupposti per condannare l’imputato. Quest’ultimo – insomma – sparò perché aggredito e per non rischiare di soccombere. Del resto la famigerata legge ‘Stand-your-ground’, in vigore in Florida, glielo permetteva.
La legge, in vigore in alcuni Stati degli USA, prevede che un individuo che ritenga di essere sotto attacco all’interno di un’area in cui ha il diritto di stare (per esempio casa propria o il proprio negozio) possa legalmente rispondere con un’offesa di pari grado al fine di difesa personale. In altre parole, se l’agente Zimmerman riteneva di star subendo un attacco potenzialmente mortale da Trayvon, tale legge lo giustificava a reagire con uguale intensità.
TUTTI CON MARTIN
Le proteste però sono immediatamente deflagrate in tutti gli Stati Uniti, Times Square è stata occupata dai manifestanti e sui muri sono spuntate scritte contro la guardia come “kill Zimmerman” e la cantante Beyoncè, durante un concerto a Nashville, ha dedicato al giovane scomparso la canzone “I will always love you”, chiedendo ai presenti un minuto di silenzio da dedicare a Martin. Al coro di chi vedeva in Martin un bravo ragazzo, sfortunato e vittima di una crudele ingiustizia, si è aggiunto anche Barack Obama che ha dichiarato “se avessi avuto un figlio, sarebbe stato come Trayvon Martin”.
ANCORA RAZZISMO? L’AMERICA SI INTERROGA
In America il caso è stato vissuto come l’occasione per una riflessione sui rapporti fra le varie etnie presenti sul territorio e sul fatto che ancora oggi sono molti gli americani che vedono come un pericolo la diversità delle persone di colore. Trayvon Martin è diventato il simbolo degli americani chi ogni giorno lottano contro il razzismo che ora chiedono giustizia, mentre ci si interroga su una sentenza che lascia molte perplessità.
Sybrina e Tracy, i genitori di Trayvon, hanno ringraziato chi ha manifestato contro la decisione della corte di Sanford, per il supporto mostrato in queste settimane. Il Washington Post ha espresso chiaramente la sensazione di molti americani: “Zimmerman è libero, ma la tragedia rimane“.
Scritto per noi da Daniele Fossati
Fonti: Huffington Post, Washington Post, NYTimes
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