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Il sapone di Aboud, sostieni i diritti della Palestina

ESTERO / by Pietro Crippa / Ott 21, 2008

Un proverbio africano dice: «Se il legno è bruciato, fanne carbone». A volte la forza di un popolo è tanto più manifesta quanto più grosse sono le difficoltà che deve affrontare. A volte l’ingegno e la forza di sopravvivenza dell’uomo riescono ad andare oltre alle ingiustizie, ai soprusi; talvolta combattendoli, talvolta raggirandoli.
È il caso della gente di Aboud, un villaggio cisgiordano sulla strada per Ramallah, disseminato di ulivi; ulivi dai frutti grossi e succosi, ulivi che sono diventati il simbolo stesso dell’oppressione del governo israeliano sulla popolazione palestinese.
I militari israeliani, consci del fatto che l’economia di Aboud, come del resto quella di moltissimi villaggi palestinesi, è incentrata sul commercio di olio, da anni ostacolano gli abitanti nella raccolta delle olive; impedendone di fatto la realizzazione nel momento più opportuno; di maggior maturazione del frutto. Milioni di olive vengono fatte marcire. Lasciate sui rami, queste stesse olive cadono e divengono, di fatto, inutilizzabili per la spremitura.
È proprio da questo sopruso che nasce il “sapone di Aboud“, un sapone fatto con l’olio degli ulimi ulivi sopravvissuti all’avanzata dei coloni; con le olive inutilizzabili per trarne olio ma ottime per la realizzazione del sapone.
Dallo scorso maggio il GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) di Mezzago sostiene gli abitanti di Aboud, acquistandone il sapone e rivendendolo in Italia. È Chiara, una dei membri del Gas, a spiegarci la storia del villaggio di Aboud e ciò che le trenta famiglie appartenenti al gruppo di Mezzago cercano di portare avanti:

«Il nostro GAS cerca di acquistare merce dai produttori diretti; principalmente prodotti biologici e che comunque rispettano l’ambiente. Abbiamo sempre un occhio attento ai produttori, al fatto che vi siano garanzie di rispetto delle condizioni di lavoro e umane. Vogliamo uscire dal meccanismo di pubblicità e grande distribuzione del mercato. Facciamo, in sostanza, un patto reciproco con il produttore: noi acquistiamo la merce a patto che vengano garantite alcune condizioni fondamentali di rispetto umano e ambientale. Non è facile cambiare la mentalità media delle persone, ma sempre più famiglie si dimostrano attente ai GAS del territorio e quindi possiamo ritenerci soddisfatti di come questi progetti si siano evoluti.

Un aspetto particolare del nostro GAS è il sostegno alla Palestina ed in particolare al villaggio di Aboud. Un membro del nostro GAS si è recato, lo scorso anno, proprio in quei territori e ci ha parlato degli abitanti di questo piccolo villaggio sulla strada per Ramallah. Impossibilitati dall’oppressione israeliana a raccogliere le olive per farne olio, i palestinesi di Aboud riciclano le olive ormai guaste per farne sapone. Solitamente il sapone all’olio di oliva è fatto con gli scarti. Questo è fatto direttamente con i frutti, quindi è un sapone di qualità ancora superiore a quello che siamo sempre stati abituati ad usare. Acquistare questo sapone è un gesto a sostegno della loro economia; ma, ancor di più, è un modo per non far sentire questa gente abbandonata ed esclusa dalla solidarietà. Non solo: il nostro GAS acquista stoffe e ricami prodotti da donne palestinesi i cui mariti o sono stati imrpigionati o non riescono a lavorare perchè ostacolati dagli israeliani.

Basti pensare che anche chi ha un regolare permesso viene tenuto ore ai check point e gli viene così reso impossibili avere un lavoro stabile e sicuro a cui recarsi quotidianamente. Spesso queste stoffe sono l’unica fonte di sostentamento di intere famiglie. Acquistarne una è anche voler dire”no” a una situazione ormai insostenibile».

Marco Besana

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Marco Besana - giornalista freelance e fotografo per passione. È autore del reportage fotografico e dei testi

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Pietro Crippa - professore di Storia e Filosofia. È autore dei testi e degli approfondimenti tematici e storici

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