
1700 cantieri in sei mesi. Sarebbe un dato incoraggiante, se i cantieri fossero costruiti su territorio italiano.
Quello che potrebbe sembrare il risultato di un boom economico inaspettato, invece, è l’ennesima prova di una politica di occupazione ben lontana dal rallentare, in territorio palestinese.
Secondo Nena News “quasi duemila nuovi cantieri sono stati aperti nei primi sei mesi dell’anno in Cisgiordania e a Gerusalemme est: un incremento degli insediamenti israeliani che sfiora il 70% rispetto allo scorso anno (da 995 a 1.708). Un “drastico aumento” delle colonie, secondo il gruppo Peace Now che ha diffuso i dati”.
“Arcipelago” viene chiamato ora il territorio della Cisgiordania.
Un arcipelago di minuscoli villaggi e intere città completamente isolate le une dalle altre, dove ogni via di collegamento viene interrotta dal proliferare di insediamenti illegali per il Diritto Internazionale e, spesso, anche per le stesse leggi israeliane.
Le colonie israeliane controllano le risorse idriche, i collegamenti, regolano la vita stessa dei palestinesi costretti a sopravvivere tra minacce, intimidazioni e soprusi continui.
Secondo Nena News “L’86 per cento dei cantieri è stato aperto in aree in cui non sono richiesti permessi, aggirando così la moratoria sugli appalti dichiarata da Israele fino allo scorso luglio su pressione degli Stati Uniti, sponsor dell’ultimo tentativo di negoziato ripreso a luglio dopo quasi tre anni e sinora del tutto infruttuoso. “Significa che la moratoria non riguardava in generale i cantieri, ma soltanto una parte delle costruzioni all’interno degli insediamenti”, si legge nel rapporto della Ong”
Ad oggi “il 61% dei cantieri si trova insediamenti illegali a est del confine proposto nei colloqui di Ginevra, il 44% è a est del muro e soltanto il 32% si trova sul lato occidentale della barriera. Si tratta di 1.708 appartamenti e 180 edifici pubblici, cioè scuole, sinagoghe, asili, e 74 strutture per l’industria e l’agricoltura”.
Durante il nostro viaggio in Palestina abbiamo conosciuto la popolazione del villaggio di At-Tuwani, una delle comunità maggiormente schiacciate dalla presenza delle colonie, in cui la vita stessa è impedita dalla presenza di alcuni fra gli insediamenti più violenti di tutti i Territori.

Per loro, e per non accettare ad occhi chiusi i nuovi 1700 cantieri israeliani, riproponiamo oggi il nostro reportage dalle colline a Sud di Hebron, dal territorio martoriato di At-Tuwani, dalle proteste di una popolazione che ha fatto della Resistenza non Violenta il suo unico scudo a un’occupazione senza precedenti.
di Marco Besana
Comments 0