Il 14 aprile 2004, Ariel Sharon, allora primo ministro israeliano, annunciava agli Stati Uniti un piano per il ritiro da buona parte della striscia di Gaza e della Cisgiordania.
Sono passati dieci anni, e Sharon non è più di questo mondo. Non lo è mai stato, invece, il piano annunciato nel 2004, che non solo non è mai stato attuato, ma si è progressivamente trasformato in un inasprimento della morsa israeliana nei confronti della Palestina.
L’ultimo dei raid che hanno scandito la quotidianità per migliaia di famiglie palestinesi in questi dieci anni, è avvenuto lo scorso 8 aprile, a Betlemme.
Alle 4.30 del mattino, militari israeliani hanno fatto irruzione nel centro medico Al Sadaqa, distruggendo la porta di ingresso e confiscando computer, documenti e le cartelle mediche dei pazienti.
Su Nena News, il racconto di uno dei medici del centro: “Abbiamo subito aggiustato le porte e rimesso in ordine gli uffici e i laboratori per non spaventare i pazienti. Abbiamo anche acquistato un nuovo computer portatile, ma il problema è che abbiamo perso tutti i dati informatici, compresi quelli riguardanti i pazienti: quali medici li seguivano, quali malattie pregresse avevano e quali terapie seguivano. Abbiamo tutto sul cartaceo, ma dovremo ritrasferire tutto. In media al mese visitiamo tra le 5mila e le 8mila persone. Non è la prima volta che il centro subisce un raid simile. Stavolta i danni sono stati lievemente minori, perché penso stessero cercando qualcosa di preciso e se ne sono andati quando lo hanno trovato. Ma hanno arrestato due membri dello staff, un impiegato e un medico“.
Questo, come molti altri, non sono che esempi di quello che il governo occupante di Israele intende per “ritiro”.
E nonostante questo, il popolo palestinese continua a resistere.
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