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Cambiare per l’ambiente: e perché dovrei?

ALGO MÁS, EDITORIALI / by Marco Pozzoli / Giu 11, 2012

So già a cosa state pensando.

Ora questo ci attaccherà una pezza infinita sulla terra che si riscalda, sull’acqua che non c’è più e sulle foreste disboscate per far spazio agli allevamenti intensivi.

Dopodichè tirerà fuori il suo bel pollicino verde e, con l’aiuto di qualche grafico, risultato di complesse quanto incomprensibili elucubrazioni matematiche, ci dirà di:

–          Congelare in inverno perché gli impianti di riscaldamento inquinano;

–          Fondere d’estate perché oh, l’acqua costa;

–          Diventare tutti vegetariani (anzi meglio, vegani), perché sennò in Amazzonia rischiano di trovarsi il deserto al posto della foresta tropicale.                  

Arrivati a questo punto, fossi in voi e in tutta sincerità, chioserei con un:

Ma a me, di tutte queste ecoballe che ogni giorno qualche pseudo sapiente cerca di propinarci, cosa diavolo me ne importa?

La risposta, retorica tanto quanto la domanda, è niente, ovvio. E, francamente, avreste anche ragione.

Ok, stavolta ci è toccato pure quello che non ci sta con la testa…

Va bene, è il momento di arrivare al punto. Vi prego di non fraintendermi, da ingegnere ambientale so bene come (e anche un pochino quanto) effetto serra, scarsità d’acqua e deforestazione siano solo tre dei tantissimi problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta in questo inizio di terzo millennio.  Problemi che sono destinati ad aggravarsi drasticamente nell’arco di pochi decenni se ad essi non verrà posto alcun freno.

Ma se c’è una cosa che ho notato in questi ultimi anni di “bombardamento mediatico da polliceverdite acuta”, è che più le persone “normali” vengono asfissiate con statistiche, numeri e previsioni sul loro mondo che se ne va a rotoli, più tendono a disinteressarsi dell’argomento.

Non vedo proprio come potrei biasimarli. A nessuno si può chiedere, dopo una giornata lavorativa, di mettersi di buona lena a cercare di interpretare astrusi grafici proiettati alla televisione, specie se non si è molto portati per l’argomento, e specie se (e putroppo capita sovente) il servizio in onda  è così tanto accattivante da far addormentare pure il pluricampione delle Olimpiadi del Secchione.

Al di là della decisamente mal celata ironia, sono convinto di come il menefreghismo diffuso nei confronti dell’argomento “problemi del pianeta” sia in gran parte dovuto ad un’errata comunicazione del messaggio. La stragrande maggioranza delle persone non può essere conquistata con un mucchio di cifre e di rette inserite in infinite e spesso boriose dissertazioni di eruditi (o presunti tali). Si annoia, ed alla lunga viene infastidita da questo argomento percepito come astratto, lontano mille miglia dalla realtà e dai problemi di tutti i giorni.

E di certo, l’ultima cosa che andrà a pensare sarà quella di cambiare, e magari di complicarsi la vita, per una cosa così.

Spesso invece, un messaggio estremamente importante e relativo ad un problema complesso, può essere lanciato con la forza di una bomba nel modo in assoluto più semplice.

Nessun grafico, nessuna equazione, nessun lungo discorso. Una semplice frase, derivante dalla saggezza popolare. Non la nostra, ma quella di un popolo antichissimo, proveniente dalla terra che è stata la prima, vera culla dell’umanità. Questo popolo sono i Masai, che dagli altipiani del Kenya ci tramandano questo antico detto:

La Terra non è un’eredità dei nostri padri, ma un prestito dei nostri figli

Quasi quasi, l’articolo potrebbe anche terminare qui. In queste poche parole sono infatti contenute tutte le ragioni per cui dobbiamo difendere e proteggere il nostro pianeta, sforzandoci di cambiare il nostro stile di vita.

Ragioni che più chiare, personali ed insieme universali non potrebbero esistere. Il futuro dei propri figli e nipoti, e delle generazioni future nel complesso, è la motivazione più forte che può spingere una persona a lottare col coltello tra i denti per raggiungere un obiettivo.

Non congelare d’inverno con una coperta in più ed una stufa in meno, una doccia di cinque minuti anziché di mezz’ora, un’insalata mista invece di una bistecca al sangue ogni tanto.

Viste in quest’ottica, le piccole cose che ognuno di noi può fare per il nostro pianeta non sono più ramanzine fastidiose e ripetitive di qualche bacchettone, ma i mattoncini con cui possiamo costruire il futuro delle prossime generazioni.

E allora poche chiacchere e mettersi all’opera, la Terra ha bisogno dell’impegno di tutti noi.

 

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