Carlos Latuff, vignettista con una coscienza
ESTERO, Interviste / / Giu 30, 2011
Vittorio Arrigoni cammina incontro all’orizzonte tenendo per mano Handala, bambino emblema dei diritti negati della Palestina.
Questa è l’immagine che il vignettista brasiliano Carlos Latuff ha scelto per ricordare l’attivista italiano ucciso a Gaza lo scorso aprile. Il suo disegno, provocatoriamente coperto dal diritto di copyleft (chiunque lo può pubblicare e utilizzare liberamente), è apparso su migliaia di blog, bandiere, manifesti e magliette, trasformandosi così in uno dei simboli più popolari di Vittorio, a sua volta simbolo dell’attivismo per la causa palestinese.
“Sfortunatamente non ho avuto l’occasione di incontrare Vittorio di persona” racconta Latuff “ho solo sentito parlare di lui, della sua cattura ed esecuzione. Mi ha profondamente scosso vedere un attivista che ha speso la vita per la causa palestinese sequestrato e ucciso in quel modo. Per di più la vicenda ha ancora contorni incerti, ma di una cosa sono sicuro: se l’intenzione dei mandanti era quella di spaventare chi parte alla volta della Palestina per supportare il suo popolo, il messaggio è stato rispedito al mittente. Lo spirito di Vik darà maggiore forza a molti più attivisti”.
Latuff, 43 anni, è da tempo impegnato per la questione palestinese e non solo. Si ritiene un ‘vignettista con una coscienza’, per questo si serve dell’arte del disegno come forma di attivismo, come “strumento per raggiungere e indignare più persone possibili, senza censure e barriere”.
Le sue vignette, amare e violente, sono spesso al centro di feroci critiche. Le sue provocazioni sono basate su metafore esplicite, che non lasciano spazio a interpretazioni e non accettano nessuna censura “politically correct”: palestinesi rappresentati come deportati di campi di sterminio, analogie tra Gaza e il Sudafrica dell’apartheid, fino a bare di bambini 100% made in Israel. Una vignetta, in cui una mano dai colori della bandiera israeliana chiude la bocca di una persona con l’etichetta antisemitism, riassume la risposta di Latuff alle accuse che vengono mosse nei suoi confronti. “Spesso le persone, i giornali e i blog che accusano me e le mie vignette di antisemitismo sono gli stessi che giustificano la violazione dei diritti umani a opera del Governo e dell’esercito di Israele ai danni della popolazione palestinese. È una strategia per criminalizzare ogni forma di critica nei confronti di Israele. Le mie opere hanno a che fare con questioni politiche, non sono contro gli ebrei e non intendono fomentare nessun tipo di odio razziale”.
Latuff continua con i suoi disegni a portare l’attenzione su chi lotta per libertà e giustizia. È infatti appena rientrato in Brasile dal Cile dove ha passato alcune settimane a fianco di manifestanti, non limitandosi a documentare ma partecipando in prima persona alle proteste.
“Voglio cercare di portare supporto alle cause della gente che chiede giustizia, ovunque si trovino. Recentemente in Cile ho partecipato alle proteste contro la costruzione di cinque dighe in Patagonia e sono stato a fianco degli studenti che si battono per la tutela dell’istruzione pubblica”.
Anche un disegno può trasformarsi in una forma di attivismo. E con Latuff l’impegno sociale trova una voce con cui raccontarsi. Una voce libera e, proprio per questo, spesso sgradita. Una voce che racconta storie di diritti negati, di soprusi, di rivolte e di ingiustizie. Di tragedie dimenticate che, se non possono trovare spazio in fotografie e articoli, riescono a farsi largo attraverso una vignetta.
Scritto da Marco Besana e Ilaria Brusadelli
per il manifesto di giovedì 30 giugno 2011
Come sempre, abbiamo concluso la nostra intervista con la domanda: e tu, Carlos, per cosa urleresti ¡NO MÁS!?
I would say ¡NO MÁS! to the occupation of Palestinian soil by Israeli soldiers and settlers. ¡NO MÁS! settlements, walls, checkpoints. ¡NO MÁS! to the biggest concentration camp in the world called Palestine.
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