Articolo 2
1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2 ottobre 1869. 145 anni fa nasceva quello che sarebbe divenuto uno dei simboli più famosi e più incisivi della Resistenza Non Violenta di sempre: Mahatma Gandhi, la personificazione stessa di una lotta ostinata e non violenta, l’immagine della difesa di giustiza e libertà nel rifiuto delle armi.
Gandhi, ma anche Rosa Parks, il manifestante senza nome di Piazza Tienanmen, le ragazze che rispondevano con i fiori ai fucili della Guerra in Vietnam. Sono molti i volti di chi ha deciso di rispondere con la pace alla guerra, di chi non ha abbassato la testa, ma ha lottato senza spargere sangue, senza lasciarsi trascinare dal vortice della brutalità.
Alcuni molto noti, altri del tutto sconosciuti.
Tra questi, tra chi continua a combattere senza abbandonarsi alla violenza, c’è la grande maggioranza del popolo Palestinese.
Chiamare “terrorista” il popolo palestinese sarebbe come chiamare “mafioso” il popolo italiano o “trafficante” il popolo colombiano. Si tratta di una definizione comoda, soprattutto per chi ha scelto da che parte stare senza porsi domande, senza approfondire, senza la voglia di comprendere.
La verità è che i razzi lanciati contro Israele fanno sempre notizia, ma non fanno notizia i giovani di Youth Against Settementes ad Hebron, la città dei Patriarchi trasformata in “ghost-town” dalle rappresaglie dei coloni di Shuhada Street. Non fanno notizia i beduini del Negev, che continuano a coltivare campi regolarmente distrutti dai blindati israeliani. Non fanno notizia nemmeno i lavoratori che ogni mattina, alle 4.00, si mettono in coda per attraversare il muro della vergogna che smembra la Palestina.
La maggior parte del popolo palestinese resiste in una maniera molto semplice: esistendo. Ed è questo, forse, quello che i governi di Israele non hanno mai compreso e accettato: il continuare a resistere, a rimanere, a vivere nonostante l’occupazione, le rappresaglie, le bombe e le migliaia di morti.
A tutti loro, allora, a tutti questi sconosciuti Mahatma Gandhi facciamo gli auguri. Soprattutto oggi. Nella speranza che almeno uno dei loro volti venga consegnato alla storia come simbolo di pace.
di Marco Besana
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