Partigiani e Formigoni: padri di cui andare fieri e quelli di cui vergognarsi
ALGO MÁS, ITALIA / / Gen 03, 2013
Le colpe dei padri non possono e non devono ricadere sui figli. Nel caso nostro, tuttavia, i figli non sembra facciano molto per far dimenticare la macchia della colpa, anche se d’altra e meno roboante natura.
Ma non è di questo, oggi, che vogliamo parlare.
L’indagato per Corruzione Aggravata Roberto Formigoni è noto a tutti. Meno noto, almeno oggi, è l’altro Formigoni, Emilio, il padre del “Celeste”.
Il fatto che ha consegnato alla storia il papà del Governatore della Lombardia è accaduto il 3 gennaio del 1945, esattamente 68 anni fa.
A Valaperta di Casatenovo (LC), le Brigate Nere di Missaglia, comandate proprio da Emilio Formigoni, fucilarono quattro partigiani brianzoli.
L’ “Eccidio di Valaperta”, lo chiamano. Secondo le ricostruzioni storiche, a quel tempo Valaperta era ritenuta dai partigiani poco più che un’area di transito, adibita allo smistamento dei rifornimenti da portare in montagna, vero teatro delle operazioni di resistenza.
Le Brigate Nere, comandate da Giuseppe Gaidoni e dall’ingegnere Emilio Formigoni, vi giunsero dalla vicina Missaglia (LC) a caccia di alcuni partigiani accusati di aver ucciso un milite. Nella minuscola frazione i paramilitari bruciarono cascine e uccisero il bestiame dei contadini che, per tre mesi, vennero privati delle tessere alimentari necessarie per acquistare cibo.
Nel dicembre del 1944 vennero arrestati i partigiani Nazzaro Vitale, Mario Villa, Natale Beretta e Gabriele Colombo e, dopo giorni di torture e sevizie, furono fucilati il 3 gennaio del 1945 da un plotone di esecuzione capitanato dallo stesso Formigoni.
Il 29 marzo del 1947 la Corte d’assise Straordinaria di Como si pronunciò contro l’ingegnere che si vide imputato di ben 12 capi d’accusa, tra cui rappresaglia, sevizie, razzia e tentata estorsione. Capi d’accusa a cui riuscì a sfuggire anche grazie all’amnistia e che furono liquidati come “giustificati tentativi di reintegrare la disciplina”.
Il Padre del casto Governatore continuò a vivere a Lecco, facendo carriera come ingegnere dell’Enel e morì il 6 febbraio del 2000, a 98 anni.
Una lunga vita, macchiata di un sangue troppo antico per poter essere ricordato dai più. Ma non da tutti, fortunatamente. Ed ecco che, ancora oggi, c’è chi non vuole dimenticare quell’Eccidio e quella violenza.
Domenica 6 gennaio, l’Arci La Lo.Co.di Osnago (LC) prenderà parte alla 68esima commemorazione del tragico evento, mettendo in scena dalle ore 21.30 uno spettacolo con il racconto dell’eccidio, canzoni della resistenza, letture sulla vita di partigiani e qualche monologo tratto “Come le Api”. (Produzione MancaMezzora, testi di Andrea Buffa con la partecipazione di Sonia Centceschi e Gabriele Buffa)
Partecipate all’evento. Perché il sangue di chi ha fatto l’Italia non venga ricordato solo il 25 aprile di ogni anno.
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di Marco Besana
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