Il ragazzo nella fotografia a sinistra è Mohammed Alazza, un giovane ventitreenne palestinese che ho avuto la fortuna di conoscere nell’estate 2010 presso il campo profughi Aida, vicino a Betlemme, in cui ho lavorato come volontaria.
Musa, chiamato così dagli amici, è un ragazzo appassionato di giornalismo che si impegna a immortalare e a raccontare la dura vita all’interno del campo profughi in cui Musa, la sua famiglia e molti altri Palestinesi vivono dopo essere stati costretti a lasciare le loro case. La sua passione per la fotografia si associa all’amore per la sua Patria e l’unica arma che utilizza per combattere le ingiustizie verso il suo popolo è la sua videocamera.
Ieri, da casa sua, il ragazzo stava filmando l’ennesimo sopralluogo da parte delle forze militari israeliane. Musa voleva semplicemente documentare un’ennesima ingiustizia, un ennesimo atto di violenza e di brutalità.
Gli Israeliani irrompono ogni volta nel campo senza preavviso, come e quando vogliono, entrano prepotentemente nelle case e spesso arrestano persone senza motivo, anche bambini, terrorizzando la popolazione già costretta a vivere in queste prigioni a cielo aperto.
Questa volta, Musa non l’ha scampata. È stato colpito in volto da un’arma da fuoco da un soldato israeliano, lo stesso che lui stava filmando.
Il suo unico crimine? Raccontare la verità.
Nonostante tutto, sono convinta che, una volta ripreso, Musa sarà ancora più forte e tenace e continuerà a dar voce al suo popolo che tanto ama.
Shukran, grazie, Musa. Siamo tutti con te e con la tua amata Palestina.
di Francesca Bellotti per ¡NO MÁS!
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