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La sottile linea rossa tra guerra e terrorismo

ESTERO, News / by Pietro Crippa / Set 03, 2013

Domani dovrebbe iniziare la guerra. Forse. Magari inizierà Giovedì o il giorno dopo ancora, o la settimana prossima e così inizierà, forse, anche una nuova Guerra mondiale.

Oppure resterà tutto così. Ma ciò non significherà che non ci sarà “la guerra”: solo che, anziché di “guerra internazionale”, si continuerà a parlare di “guerra civile”.

E, soprattutto, non si dovrà dimenticare che “la guerra” in Siria, altro non è che “una guerra”, tra le 24 che oggi insaguinano il nostro pianeta.

OSSEZIA MAPBESLAN – 3 SETTEMBRE 2004

Oggi ci soffermiamo su una cosa alla quale spesso non si fa caso. Facciamo un passo indietro, a nove anni fa esatti. E’ il 3 Settembre del 2004 e a Beslan, una cittadina dell’Ossezia del Nord, in Russia, un gruppo di separatisti ceceni tiene da due giorni in ostaggio centinaia di persone, metà delle quali bambini tra i 3 e i 18 anni, all’interno di una scuola. I terroristi chiedono al presidente Putin di ritirare le truppe dalla Cecenia. Sono circa le 13.30 e il Cremlino risponde con un blitz della polizia. Moriranno 334 ostaggi, più della metà dei quali bambini. 700 i feriti.

I sequestratori erano terroristi, persone odiate dall’intera popolazione mondiale e osteggiate da tutti i Paesi sovrani. “Terrorismo” è sinonimo di “pericolo”, di “male”, di “illegalità”. “Terrorismo” significa colpire innocenti, fare attentati di massa, spargere paura, minare la sicurezza.

LA DIFFERENZA IN UN PEZZO DI CARTA

Oggi, le vittime dei conflitti armati tra Paesi diversi o tra milizie appartenenti allo stesso Stato, sono composte, in media, per il 93% da civili (fonte: emergency.it). Un terzo di queste è al di sotto dei 16 anni. Non è raro che all’interno di un’operazione di bombardamento vengano colpiti scuole, ospedali, fabbriche civili o abitazioni.  I famosi “effetti collaterali”.

TerrorismoLa cosa alla quale non si fa caso è che l’unica differenza tra guerra e terrorismo, è che quest’ultimo è illegale, mentre la prima no. Qualcuno, un giorno, ha deciso che inviare telegrammi con scritto “ti dichiaro guerra” va bene, è consentito, così come tutte le conseguenze che ne derivano. In queste ore sarà il Congresso USA a decidere cosa fare per la Siria e lo decreterà nella più totale pubblicità e liceità. Eppure, guerra e terrorismo, oggi, fanno le stesse, identiche, cose: ci sono persone che muoiono e sono persone, per la maggior parte, innocenti o che comunque non centrano con le parti in causa.

Schierarsi contro l’intervento in Siria è sacrosanto, ma è un atteggiamento che arriva troppo tardi. Per le strade di Homs c’è già la sofferenza, la morte, l’odio, la povertà, la fame, la malattia. In Siria, di civili ne stanno già morendo a pacchi. Una guerra internazionale, per quanto rischiosa non sarebbe neppure tra le iniziative più sconsiderate dell’ultimo decennio. Anziché chiederci “come evitare la guerra ora”, avremmo dovuto chiederci “come fare in modo che nel mondo non nascano le condizioni che richiedano un intervento militare?”.

di Pietro Crippa

Sulla politica di Valdimir Putin leggi anche:

  • Vladimiro e il Paese matrioska
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Pietro Crippa - professore di Storia e Filosofia. È autore dei testi e degli approfondimenti tematici e storici

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