Giovedì 27 Marzo, Servizio pubblico, la trasmissione condotta da Michele Santoro in onda su La7, ha ospitato l’ex-Ministro della difesa Mario Mauro e il fondatore di Emergency, Gino Strada. Tema cardine del discorso, le spese militari italiane.
Nel video, qui sotto, si può rivedere ciò che è successo.
La fonte citata, il SIPRI, risulta a oggi essere la più accreditata e affidabile tra quelle che si occupano di conflitti e cooperazione internazionale. Di seguito si possono osservare le spese militari (tutte tradotte in milioni di euro) dei sei Stati più “spendaccioni”, più l’Italia (che risulta il nono al mondo per quantità di fondi impiegati).
2000 | 2002 | 2004 | 2006 | 2008 | 2010 | 2012 | |
USA | 218.811 | 258.717 | 337.014 | 382.695 | 450.491 | 506.441 | 494.979 |
Cina | 21.220 | 30.887 | 39.021 | 53.286 | 75.213 | 98.555 | 123.666 |
Russia | 5.520 | 9.573 | 13.362 | 20.980 | 31.450 | 40.250 | 57.014 |
Gran Bretagna | 28.175 | 31.997 | 35.644 | 37.776 | 43.162 | 45.453 | 46.420 |
Francia | 36.702 | 38.681 | 42.690 | 43.457 | 45.063 | 46.648 | 45.858 |
Germania | 30.554 | 31.168 | 30.610 | 30.365 | 32.824 | 34.925 | 35.621 |
Italia | 24.325 | 25.887 | 27.476 | 26.631 | 28.156 | 27.201 | 26.455 |
La tendenza generale è al rialzo. Gli ultimi quattro anni sono stati quelli con la maggiore spesa, rispetto al periodo che va dal 2000 al 2006. L’Italia, la Francia e gli Stati Uniti, tuttavia, hanno diminuito la quantità di denaro investito per lo sviluppo e il mantenimento delle forze armate negli ultimi due anni.
La quantità di denaro resta, tuttavia, un dato relativo al PIL di ogni singolo Stato. La percentuale di PIL impiegata può dare un’idea più oggettiva.
Percentuale di PIL impiegato in forze armate (aggiornato al 2013):
2009 | |
USA | 4,4% |
Russia | 4,4% |
Gran Bretagna | 2,5% |
Francia | 2,3% |
Cina | 2% |
Italia | 1,7% |
Germania | 1,4% |
Gli USA, restano al vertice, con una spesa pari al 4,4% del PIL annuale, al pari della Russia. La Germania è la potenza più “pacifista” con l’1,4%.
Il tutto, va considerato all’interno di una crisi economica che ha determinato importanti variazioni delle economie locali, così come si dovrebbe considerare il rapporto tra le spese militari e la spesa per servizi quali sanità, istruzione, informazione.
Prendiamo, per esempio, l’istruzione. L’Italia spende circa il 6% del PIL in istruzione, ma l’andamento in termini reali nel decennio 2000-2010 è in controtendenza rispetto all’Europa: l’Italia è l’unica nazione che nel 2010 si ritrova essenzialmente allo stesso valore di spesa del 2000. In altre parole, se per la difesa il nostro Paese ha incrementato la spesa, rispetto al 2000, per l’istruzione la ha mantenuta uguale.
Sanità: nel 2011, gli USA dedicavano il 17,7% del PIL alle spese sanitarie, la Francia l’11,6, la Germania l’11,3, la Gran Bretagna il 9,4, l’Italia il 9,2, lo 0,1% al di sotto della media OCSE.
Questi i numeri. Senza giudizio, solo numeri. Per i fatti, dietro ai numeri, su ¡NoMás! si trovano centinaia di articoli, ma per dare senso al filmato di apertura va fatta un’ultima considerazione. Spendere soldi per le armi porta con sé una serie di elementi fondamentali che ne determinano la scelta rispetto ad altre vie. Parlo della semplicità, della spettacolarità, della strumentalizzabilità, della commerciabilità e della velocità dell’atto bellico rispetto a quello diplomatico. Tutte cose che oggi sono utili, efficaci a chi detiene il potere. Che poi la guerra, in ogni sua forma, sia una contraddizione di termini (uccide innocenti e impoverisce chi la fa come chi la subisce) è cosa troppo “alta” per “starne qui a parlare”.
di Pietro Crippa
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