Titolo Memorie dal sottosuolo
Autore Fedor M. Dostoevskij
Edizione Oscar Mondadori
Pagine 190
Tre righe sul libro (o quasi)
La prima parte del libro (Il sottosuolo) è un monologo in cui il protagonista non teme di ammettere quanto gli è caro – pur consapevole delle infinite contraddizioni tra le quali questa dichiarazione lo sta gettando – vivere il dramma della sofferenza. Infischiandosene degli ideali positivisti tanto in auge in quegli anni (1864), il personaggio di Dostoevskij vive costantemente nell’irrazionalità fino a presentarci, nella seconda parte (a proposito della neve bagnata) alcuni tratti di questo vivere istintuale, di questo godere dell’infelicità propria, in particolar modo quella che scaturisce dall’invidia della felicità altrui.
La mia citazione preferita
Ma vi ripeto per la centesima volta che c’è solamente un caso, uno soltanto, in cui l’uomo possa, a bella posta e consapevolmente, desiderare per sé qualcosa che gli sia perfino dannoso, qualcosa di stupido, anzi persino di stupidissimo, ed è appunto quando vuole avere il diritto di desiderare per sé foss’anche la più stupida delle cose, e non essere vincolato dall’obbligo di desiderare solamente le cose intelligenti.
Oggi ve lo consiglio perché
Ci sono alcuni libri che “sono per tutti e per nessuno”. Eccone uno. Arrivare alla fine del volume non è difficile, ma lasciarsi attraversare del senso del pensiero dostoevskijano, arrivando ad ammettere l’esistenza di certe inclinazioni all’interno dell’animo umano, richiede una buona dose di messa in discussione del sé. Proprio quello che serve oggi. Perché prima di sputare sentenze sugli altri è sempre bene essere consapevoli della prospettiva dalla quale prende origine tale giudizio. Per provare a conoscerne almeno una parte, scavando il sottosuolo del protagonista, il lettore temerario non potrà fare altro che addentrarsi sempre più nel profondo del proprio, anche a rischio di, una volta essersi sporto a guardarne l’abisso, vedere l’abisso stesso fissarlo negli occhi.
di Pietro Crippa
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