Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani:
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.
“Qualunque cosa si faccia e ovunque si vada,
dei muri ci si levano intorno creati da noi,
dapprima riparo e subito prigione”.
Marguerite Yourcenar
Il più famoso è quello di Berlino, ma non il primo e, di certo, non l’ultimo. Il Vallo di Adriano in Britannia, la sua emulazione, per opera di Antonino, al confine tra le odierne Scozia e Inghilterra e, in generale, il concetto di limes romano, sono gli esempi “latini” di confine visibile, protetto, tendenzialmente invalicabile. Quattrocento anni prima e a diecimila km di distanza, un cinese su tre partecipava alla costruzione della Grande Muraglia per contenere l’avanzata mongola. Quelli del passato, perlomeno di quello più antico, possono essere identificati come “muri difensivi”, atti al contenimento dell’avanzata di popoli ritenuti ostili.
A distanza di secoli, i muri si sono moltiplicati e differenziati, perfezionandosi a seconda degli scopi per i quali sono stati eretti. Non più solo una parete di cemento più o meno lunga: oggi, queste barriere artificiali possono essere costituite da filo spinato, da mine, avere fossati con torrette, oppure semplicemente essere dei confini controllati in modo da scoraggiarne l’attraversamento.
PERCHÉ
Perché costruire un muro? Si possono individuare quattro tipologie di motivazioni:
motivi ideologici
- mostrare la potenza di una nazione
- separare la zona residenziale dalla zona popolare
- separare zone abitate da etnie diverse
motivi religiosi
- separare cattolici da protestanti
- separare musulmani da ebrei
motivi politici
- muri di difesa: terrorismo o attacchi nemici
- muri di confine (limes)
motivi economico-culturali
- contenere i flussi migratori
Oggi ci sono decine di muri di questo tipo nel mondo. Nelle prossime settimane, ¡NoMás! ne analizzerà diversi, per capire quando, dove e come sono stati eretti, ma soprattutto per comprenderne le motivazioni e mostrarne gli effetti sulla popolazione.
ADATTAMENTO LENTO
Ciò che possiamo porre in evidenza già da adesso è la netta sfasatura che si è creata tra il rapidissimo sviluppo globalizzante subito dal nostro pianeta e la totale incapacità – o sarebbe meglio dire, non volontà? – da parte dei rapporti umani di starvi dietro.
Per quanto la globalizazione sia un processo da sempre in atto – il cammino ha preso il via dalla diffusione della scrittura – il settore dei trasporti e delle comunicazioni ha subito un accelerazione inedita negli ultimi cento anni. Il “villaggio globale” di cui parlava nel 1962 MacLuhan, tuttavia, resta fermo a queste due ancelle dell’economia, vero spirito del mondo, come già aveva ben visto Marx. I rapporti umani, per quanto non totalmente fossilizzati, presentano una capacità di sviluppo nettamente inferiore. Il fatto che internet e i viaggi aerei non fossero neppure nei sogni degli antichi romani, ma che oggi, come ieri, si costruiscano muri e barriere senza riuscire – o volere? – a trovare nient’altro per costituire una convivenza civile è qui a dimostrarlo.
Sembra quasi che, più vengono abbattute le barriere del commercio, della comunicazione virtuale e dei viaggi attorno al mondo, più vengano innalzate barriere per impedire il contatto fisico tra persone.
Come scrive Eric J. Hobsbawn, “la caratteristica più impressionante della fine del ventesimo secolo è la tensione che sussiste tra questo processo sempre più accelerato di globalizzazione e l’incapacità delle istituzioni pubbliche e dei comportamenti collettivi degli esseri umani di accordarsi con esso”.
Ed è così che viene ad avverarsi ciò che scrive l’autrice francese Marguerite Yourcenar: lo si erige per protezione, ma un muro diventerà ben presto ciò che è veramente, una prigione.
Nostro compito è quello di comprendere, senza fermarci all’estetica, non accontentandosi delle ragioni in superficie, per avvicinarci alle archetipe tensione umane o, comunque, alle cause generatrici del fenomeno.
di Pietro Crippa
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