Abbiamo già avuto modo di parlare del SIPRI, il massimo organismo internazionale di ricerca in materia di conflitti e cooperazione.
Oggi proponiamo la traduzione di un approfondimento sul rapporto tra commercio di armi e corruzione (qui trovate il testo originale).
Gli studi confermano che la corruzione collegata al commercio di armi ammonta a circa il 40% della corruzione totale nelle transazioni globali. Essa impone un pesante pedaggio a venditori e acquirenti, minando le istituzioni democratiche, che invece implicano responsabilità, e sviando preziose risorse che potrebbero essere investite per soddisfare bisogni sociali urgenti.
Un certo numero di caratteristiche sistematiche del commercio delle armi alimenta la corruzione, due delle quali sono particolarmente importanti.
In primo luogo, lo stretto e imprescindibile legame con questioni di sicurezza nazionale sottrae molte compravendite al controllo. In secondo luogo, l’ambito della sicurezza nazionale favorisce l’emergere di cricche di mediatori, commercianti e funzionari autorizzati.
Questi stretti rapporti rendono meno netti i confini tra stato e industria, favorendo atteggiamenti che relegano le norme legali in secondo piano.
L’infame accordo avvenuto nella Repubblica Sudafricana nel 1999 fornisce numerosi esempi di tutto ciò che si è detto finora.
Durante il processo di selezione, fu presa una serie di decisioni molto discutibili al fine di garantire l’elezione a certi appaltatori piuttosto che altri. Un esempio è l’acquisto del velivolo da addestramento Hawk dalla British Aerospace (ora BAE Systems).
Successive indagini hanno portato alla luce una scia di pagamenti effettuati per controllare le decisioni chiave durante il processo di selezione.
In particolare, il Serious Fraud Office britannico scovò 115.000.000 di sterline (207 milioni di dollari) impiegate per delle “commissioni” fatte dalla BAE al fine di controllare le consulenze legate al contratto.
Meccanismi politici di controllo – come gli organi parlamentari e investigativi indipendenti – sono stati accantonati e sorpassati dall’esecutivo per evitare un’indagine in proposito. Grandi somme di denaro, che probabilmente avrebbe dovuto essere spese per alleviare l’eredità devastante dell’apartheid, sono state dirottate verso affari bellici.
Senza la corruzione, lo stato avrebbe speso almeno il 30% in meno nell’accordo, liberando risorse per altri beni sociali.
Al fine di combattere la corruzione nel commercio di armi, gli accordi multilaterali, come per esempio un trattato sul commercio delle armi, possono comprendere delle clausole che mettono fuorilegge le corruzione e, allo stesso tempo, forniscono meccanismi più idonei alla lotta alla corruzione.
Anche i governi nazionali potrebbero introdurre un buon numero di riforme. Queste ultime richiedono volontà politica che, a sua volta, esige un’opinione pubblica che si faccia sentire contro lo status quo.
di Pietro Crippa
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