La morte di un indio durante lo sfollamento di un campo ridà vita a un antico problema.
Rousseff annuncia lo stanziamento di aiuti per le comunità indigene.
La morte in Brasile di Osiel Gabriel, membro della tribù terrena, causata da un poliziotto durante lo sfollamento di una comunità indigena Buriti nella zona di Sidrolandia, è stata la scintilla che ha scatenato la violenta reazione delle diverse comunità indigene presenti sul suolo brasiliano.
Un gruppo d’indios di varie etnie ha occupato una delle sedi del Partito dei Lavoratori nella città di Curitiba e ha invaso le strade per protestare contro il governo dell’attuale presidente Dilma Rousseff. Anche a Santa Caterina e a Río Grande do Sul stanno avendo luogo diverse manifestazioni. Gli indios hanno terminato l’occupazione iniziata giorni fa presso la centrale idroelettrica di Belo Monte dopo che il governo ha promesso un incontro per valutare le loro richieste.
Giovedì 13 giugno, centinaia d’indios in abiti tradizionali e imbracciando le armi usate per la caccia, hanno occupato il Congresso nella capitale Brasilia. Molti deputati sono fuggiti in tutta fretta. Alcuni hanno, invece, cercato un dialogo.
La mela della discordia sarebbe un progetto di legge proposta dal capo di Stato maggiore, Gleisi Hoffmann, braccio destro del presidente Rousseff, la quale propone che la demarcazione delle terre degli indios che sono sempre state motivo di tensioni tra il governo, i proprietari terrieri e le comunità indigene non sia appannaggio soltanto degli organi politici delle comunità, ma propone che queste decisioni – che in alcune occasioni sono arrivate davanti al giudice Supremo – possano essere prese in collaborazione tra gli orgnai del potere esecutivo e legislativo.
Le comunità indigene hanno interpretato questa mossa come un impedimento alla possibilità di ottenere la concessione di più terre e hanno deciso quindi di muovere guerra al governo. Rousseff, molto preoccupata per la rivolta degli indios in vista delle elezioni presidenziali alle quali intende presentarsi, ha annunciato che creerà un fondo sociale per gli indios, chiamato bolsa indio, che ricorda la bolsa familia, il programma di sostegno per i meno abbienti che include più di 20 milioni di famiglie.
Ieri si è svolta una marcia di protesta per la morte di Gabriel cui hanno partecipato più di 500 persone, tra indios e campesinos. I manifestanti sono partiti dalla località di Anhanduí e sono decisi a percorrere a piedi i 60 km che la separano dalla capitale del Mato Grosso, Campo Grande, dove giungeranno mercoledì.
“La situazione è tragica, per questo motivo abbiamo deciso di organizzarci e mostrare al governo della Sig.ra Rousseff che nel sud del Brasile gli indios esistono ancora” questa la dichiarazione di Efe Deuclides de Paula, appratente all’etnia kaingang, il quale ha assicurato che continueranno le manifestazioni nelle strade.
In Brasile ci sono più di 600.000 indios con una forte coscienza politica che vivono tutti i giorni il dilemma se mantenere le loro tradizioni e inserirsi così nella vita moderna senza perdere le loro radici. Moltissimi giovani delle comunità indigene vivono nelle periferie delle grandi città immersi nella dinamica del consumismo. Altri, come quelli che stanno manifestando contro il governo, continuano a difendere la loro identità e i diritti che gli sono dovuti per essere stati i primi abitanti del Brasile e che, al tempo dei colonizzatori spagnoli e portoghesi, erano ben 6 milioni.
Fonti:http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/04/actualidad/1370318444_387638.html
Tradotto per noi da Chiara Biffi
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