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Un Ing. alla scoperta dell’Etiopia – Capitolo Decimo

ESTERO, News / by Marco Pozzoli / Gen 19, 2015

Ci siamo quasi.

Connessione permettendo, punto a scrivere un ultimo pezzo il mese prossimo, a mo’ di titoli di coda prima del ritorno a casa. Tuttavia, complici anche i fatti che hanno monopolizzato l’attenzione dei media mondiali e italiani nell’ultimo periodo – mi riferisco agli attentati in Francia e al riscatto delle due volontarie in Siria, vorrei dedicare questo pezzo ad alcune considerazioni già di stampo “globale”, sul poco che ho inteso del mondo della Cooperazione Internazionale nell’arco della mia esperienza.

Punto primo, e che sia chiaro: a differenza di quanto scrive Roberto Saviano, la CI non è il bene assoluto, e ancor meno il nostro miglior prodotto d’esportazione. Il Cooperante Internazionale non è un eroe, né un martire, ma qualcuno PAGATO, e solitamente parecchio di più di un equivalente locale, per svolgere la propria professione in un paese in via di sviluppo.

E qui mi aspetto almeno un paio di reazioni da buonista della Domenica mattina, quello che è anche lui Charlie Hebdo anche se fino al giorno prima Charlie Hebdo manco sapeva chi fosse, del tipo:

e allora tutti i volontari dove li mettiamo?
e ma le ONG lavorano per i poveri, va’ quanti bei bimbi sorridenti sul calendario.

Ecco, ragioniamo.

I cosiddetti volontari, intesi diciamo come coloro che partecipano a missioni non retribuite, sono solitamente persone che non hanno competenze specifiche, e svolgono mansioni quali l’animazione ai bambini o fare l’inventario del dispensario locale.
È sbagliato? No, ma è un’esperienza (soprattutto se è la prima) da vivere come una possibilità di arricchimento personale, certo non con l’idea di spaccare il mondo perché vai in Africa e non a Riccione ergo salvi i negretti ergo sei un figo. State tranquilli, non succederà, anzi: rassegnatevi al fatto che, in quanto occidentali, avrete stampata in faccia una bell’etichetta “Biancomat”, e dovrete (dovrete!) passare buona parte del vostro tempo a tenervi stretti i vostri averi. Scusate se insisto, ma quest’idea del bianco salvatore della patria e del locale che, ahimè, tende sempre la mano è un cancro che il volontariato fatto a caso (e, fidatevi, ce n’è in giro parecchio), contribuisce più a espandere che a limitare.
È sbagliato farlo in Siria, in autonomia, senza esperienza? Credo di non dover nemmeno rispondere. Lasciando perdere le sparate di molti imbecilli (parlamentari compresi), che si dicano le cose come stanno, al di là dei buonismi savianeschi da carrozzone. Andare in Siria, l’estate scorsa, non è stato un atto eroico, è stata una stronzata. Punto, e scusate il francesismo. Questa non è Cooperazione, è solo incoscienza, da parte loro e di chiunque abbia permesso loro di partire (se c’è stato). Sono contento che siano tornate a casa sane e salve, ci mancherebbe, del gossip da quattro soldi sulla loro esperienza non me ne può fregar di meno, ma per il resto rappresentano ai miei occhi il peggior esempio da seguire in questo ambito.

Poi, le ONG. Lavorano per le popolazioni disagiate? Vero, sulla carta. Lo fanno bene? Mah. Detto che non si può fare di tutta l’erba un fascio, è vero che praticamente tutte le Organizzazioni Non Governative che lavorano nei paesi in via di sviluppo portano avanti progetti (negli ambiti più svariati) finanziati da dei Donors, quali l’Unione Europea o i governi nazionali. Gira che ti rigira, sono soldi dei contribuenti, motivo per cui il paragone tra una ONG e un’azienda pubblica mi pare abbastanza calzante. È vero, sono tanto nobili perché non cercano il profitto, ma, tanto quanto Alitalia, a risentirne sono l’efficienza e la qualità dei servizi offerti. E poi, è così vero? L’organizzazione in sé non farà utili, ma i Cooperanti che ci lavorano (lavorano, eh) ne fanno come tutti i professionisti. E finché i soldi non sono i miei…

Come dicevo, non sarebbe corretto generalizzare. Nell’arco di quest’anno ho avuto modo di vedere e prender parte a bei progetti, riusciti bene grazie alla presenza di persone serie, professionisti capaci e di certo non improvvisati. Ottimi esempi di Cooperazione, che però non mascherano in alcun modo gli altrettanto pessimi sperperi di denaro pubblico avvenuti in altre circostanze.

In sostanza, diamo un taglio al sillogismo Cooperante – Salvatore del Mondo, e rendiamoci conto che il mondo della Cooperazione Internazionale è fatto, come tutto il resto, di cose belle e brutte, da valutare criticamente caso per caso. La si smetta di farsi abbindolare da attraenti slogan inneggianti all’acqua per tutti e a un’istruzione migliore per i poveri bimbi belli. Vi passasse mai per la testa di dedicare parte dei vostri soldi, tempo e fiducia a questo mondo, chiedete, chiedete, chiedete: qual è la percentuale di spese amministrative? Che attività sono previste in concreto? Posso portare, con le mie competenze, per davvero una mano, o forse è il caso di non partire a caso, e aspettare qualcosa d’altro, di più adatto a me?

Chiedo scusa a chi, probabilmente, si aspettava un pezzo un po’ più “Etiopico”, ma sto già andando lungo e ad ogni modo vi prometto che, nell’articolo di chiusura di questa rubrica, farò del mio meglio per rimediare in tal senso. Nel frattempo, come al solito, vi lascio qualche foto di quest’ultimo periodo di feste natalizie*, augurandovi il migliore degli anni possibili, soprattutto se mi seguirete fino in fondo!

 

Harar, città di mura e stoffe
Harar, città di mura e stoffe

 

...appunto.
…appunto.

 

Harar,  città vecchia
Harar, città vecchia

 

Dire Dawa, la vecchia stazione
Dire Dawa, la vecchia stazione

 

Etan, incenso della cerimonia del caffè
Etan, incenso della cerimonia del caffè

 

*Nota calendarica: la questione temporale è sempre stata un problema per me qui, dall’orario sfalsato di sei ore all’anno di tredici mesi. Ad ogni modo, in Etiopia il Natale, o Ghenna, cade il 7 di Gennaio, e si festeggia di solito con delle grandi abbuffate di Doro Wat, lo stufato di pollo che son certo avervi descritto in qualche puntata precedente. Oggi, 19, invece, è Timkat, l’Epifania, festa che in questo paese assume una dimensione totalmente diversa rispetto alla nostra, risultando l’evento religioso più importante dell’anno. Inutile dire che oggi, camminando per Addis Abeba, ad ogni angolo si incontravano folle vestite a festa nel loro tradizionale vestito bianco, occupate a celebrare l’evento con grande esuberanza religiosa. Un vero spettacolo.

 

di Marco Pozzoli

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