Finalmente vince senza dubbio il premio “parola chiave” del finesettimana.
Finalmente ho visto il mio amico Nick uscire dagli arrivi del Bole International Airport, Venerdì: ci apprestiamo insieme, sempre finalmente, a scoprire un po’ di questo paese geograficamente illimitato e culturalmente denso come il sugo della nonna.
Finalmente, Sabato, ho terminato la raccolta dei preventivi per la realizzazione dei Roof Water Harvesting Systems. Il che vuol dire che, sempre finalmente, una volta acquistato il necessario il lavoro fisico potrà cominciare.
Finalmente, Domenica, ho tagliato il traguardo della Great Ethiophian Run. Da quella prima immagine Marco Gumpesca che vi avevo postato all’inizio del mio allenamento sono passati un paio di mesi e parecchie corse all’alba tra le capre e i cammelli dell’Afar, ma posso proprio dire ne sia valsa la pena. Dieci chilometri di fatica e festa, un puntino nella folla dei quarantamila che hanno invaso le strade di Addis, la capitale di Runner’s Land, come riporta la mia medaglia. Un piacere e un onore, una cosa, un’altra, che resterà indelebile tra i ricordi di quest’anno incredibile.
Scrivere dalla Guesthouse di Shashamane, prima, quasi obbligata tappa di questo tour, mi rende ancora più melanconico. Non so descrivere l’emozione di tornare, dopo due mesi, in questa casa che, dopotutto, considero ancora la mia “casa” etiope. Vedere che tutto, o quasi, è rimasto proprio come l’avevo lasciato. Il sacchetto di berbere sulla credenza in cucina, l’ultimo libro letto ancora semiaperto sul tavolo, persino un paio di uova nel frigo. Come se avesse deciso di fermarsi, di congelare il tempo in attesa del mio ritorno.
Ma è in Afar che vivo e lavoro ormai, e con la determinazione a trarre il massimo anche da quest’altra realtà. Dalla volta scorsa vi devo due righe sui nostri progetti, visto che, alla fine, è il motivo per cui sono qui. Senza tediarvi inutilmente con specifiche tecniche un po’ da nerd, vi basti sapere che, nell’ambito dei tre progetti che viaggiano contemporaneamente sul treno Afar, le attività di WASH* previste sono pressoché sterminate: si va dai sopracitati RWH alla riabilitazione di pozzi a mano e motorizzati alle estensioni di reti idriche all’introduzione del fotovoltaico al chi più ne ha più ne metta. Il lavoro da fare è sterminato, lo staff è finalmente al completo, scanner e stampanti sono al loro posto, tutto è pronto per andare a pieno regime.
In quest’ultimo mese Riccardo mi ha esentato dalla partecipazione agli ormai quasi quotidiani meeting del consorzio, puntuali come le signore inglesi per il thè delle cinque, e finalmente ho potuto lavorare con continuità. E mi ha fatto piacere poter dedicare qualche giornata, oltreché ai cammelli e allo shirou, a fare disegni in CAD e fogli di calcolo in Excel.
Alla fine, sono comunque un ingegnere. O almeno un po’.



*Nota ONGese: WASH è l’acronimo d Water, Hygiene and Sanitation, e comprende tutte le attività di natura idrico/ingegneristiche di cui mi sto occupando durante questo Servizio Civile (oltre a tutto l’ambito sanitario). LVIA opera in questo settore da oltre quarant’anni, in diversi paesi sparsi per tutto il continente africano
di Marco Pozzoli
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